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Channel: Coaching – Mario Alberto Catarozzo – Coach e Formatore Milano
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Noi possiamo sempre decidere

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Sempre e nonostante tutto possiamo decidere. Non possiamo controllare l’esterno, ciò che accade là fuori, ma possiamo decidere cosa fare di ciò che accade qui dentro. Il qui dentro è il nostro animo, cuore o mente, che dir si voglia. Nei brutali eventi terroristici in Francia, un cartello su tutti spiccò e riportava la scritta “Non avrete il mio odio”.

Non possiamo controllare gli eventi, ma possiamo fare qualcosa con gli eventi: interpretarli, capirli, farne esperienza e decidere come agire di conseguenza. Abbiamo ampi margini di controllo sul senso che diamo alle cose, più che sulle cose in sè. Queste ultime accadono, le seconde le facciamo accadere noi. Tanti anni fa, in uno dei primi master in PNL che feci, il grande Richard Bandler a Roma, davanti ad una platea immensa di persone che come me stavano imparando che la vita può essere diversa da quella che pensavi dovesse predestinatamente essere, disse “la vita non è quello che vorresti, è quello che è, ma da quando accetti questo puoi cominciare a lavorarci sopra per renderla quello che vorresti”.

Su cosa lavorare? Su di noi e in particolare su come pensiamo, sull’interpretazione che diamo alle cose. Sempre per citare Bandler “Non sarà determinante per la tua vita cosa ti accade, quanto cosa farai tu con ciò che ti accade”.

Questo approccio, alla base del coaching, è ciò che trasforma una vita reattiva in una vita proattiva. Da qui può ripartire ogni rinascita, ci si può reinventare, creare nuove possibilità, creare nuovi scenari da vivere.

“Puoi decidere cosa seminare, ma sarai poi costretto a raccogliere ciò che hai seminato”, questo un punto cardine di ogni esistenza consapevole.

Mario Alberto Catarozzo

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Lo studio professionale e il Web 3.0

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Dal web 1.0 siamo entrati nell’epoca del web 4.0. Siamo partiti negli anni ’90 con il World Wide Web, il famoso www, che indicava il web televisione, dove non vi era possibilità di interazione, ma i contenuti postati alla fonte potevano essere solo fruiti dagli utenti. Si è passati nel 2000 al Web 2.0, il web interattivo, sociale, dove gli utenti diventano “consumattori” e contemporaneamente fruiscono e producono i contenuti: esplode il fenomeno dei social network. Dalla fine della prima decade del 2000 passiamo al Web 3.0, il web dei dati e semantico, dove i contenuti sono tra di loro linkati e interattivi e dove i motori di ricerca interpretano le esigenze degli utenti. Qui nascono anche le App che portano ai destinatari i contenuti senza che questi si attivino per cercarli. Eccoci alle porte del Web 4.0, caratterizzato dai Big data e dall’intelligenza artificiale. Qui troviamo la memoria dell’umanità raccolta e una nuova forma di intelligenza, oltre quella umana che affiancherà e in molti casi sostituirà in molte operazioni l’intelligenza umana. Anche nel settore professionale sono molteplici le applicazioni che si ipotizzano, da quelle legali a quelle fiscali.

 

Web 3.0 nelle professioni

Il mondo delle professioni guarda a tutto questo e con una certa fatica cerca di rimanere al passo con i tempi e sfruttare le opportunità che la tecnologia offre. Prima di addentrarci in discorsi ben più complessi, come l’applicazione dell’intelligenza artificiale alla professione, cerchiamo di capire come lo Studio professionale possa sfruttare quantomeno le risorse del Web 3.0, dal momento che molti studi sono fermi allo 0.0.

 

Le tre risorse del Web 3.0 da utilizzare sicuramente per lo studio dell’avvocato, del commercialista, del consulente del lavoro, del notaio, dell’architetto e così via, ci sono:
Sito Internet in html 5, responsive e parallax, che sfrutti al meglio le regole del SEO per il posizionamento sui motori di ricerca.
– Utilizzo strategico dei social network per farsi conoscere e interagire con clienti e prospect (Linkedin, Facebook, Twitter, G+, Youtube).
Mobile App di studio, con cui fidelizzare i clienti fornendo in modo moderno, diretto ed efficace contenuti e servizi direttamente sui device mobili.

 

Questi tre strumenti sono importanti per lo sviluppo del business dello studio professionale e permettono ai professionisti di migliorare la propria immagine (meglio sarebbe oggi parlare di BRAND), di poter sviluppare politiche di marketing e di gestire con lungimiranza lo sviluppo del business di studio senza affidarsi al solo passaparola.
Coloro che vogliano approfondire il tema e ricevere notazioni pratiche possono farlo al corso sulla Comunicazione sul web, il 9 giugno 2017 a Milano. Dettagli sul programma e info qui.

 

Mario Alberto Catarozzo

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Liberi dalla paura

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Si sente parlare tanto di libertà. Ma che cos’è la libertà? Viviamo per nostra fortuna in un Paese libero. Qui ciascuno può potenzialmente fare ciò che desidera: ha libertà di pensiero, di parola, di movimento, di iniziativa. I limiti non sono dunque lì. I limiti non sono nella nostra testa e nel nostro cuore.
Possiamo scegliere, sempre. Ma scegliere vuol dire affrontare il rischio di rinunciare a tutto quello che non si è scelto. Scegliere vuol dire rischiare, avere coraggio, mettere del proprio.
Anche la Costituzione italiana dice che l’iniziativa privata è libera, per sottolineare una conquista che i cittadini settanta anni fa riuscirono a raggiungere. Se volete potete cambiare lavoro, fare carriera, decidere di mettervi in proprio. Potete rimanere in Italia o andare all’estero; potete farlo da soli o con altri. Insomma siete liberi. Se non lo fate è perché non volete o non siete capaci. E allora non è una questione di libertà, ma di testa e di cuore.
Stessa cosa nella vita privata. Si sente tanto parlare di libertà, di spazi di autonomia, di indipendenza. Certo, ma lo siamo già tutti potenzialmente. Chi ne parla così tanto è perché non è libero dentro e proietta fuori i propri vincoli psicologici ed emotivi. Siamo noi che ci autolimitiamo. Non sono gli altri a farlo. Accusiamo, ma in realtà siamo noi gli artefici di tutto. Siamo già liberi, basta sentirlo e attuarlo. Ma non si è liberi nell’essere single, piuttosto che nel fare viaggi da soli, oppure nel prendere l’agenda e programmare le uscite come se fossero appuntamenti di lavoro. Li si è nuovamente schiavi, ma della paura.
Cos’è allora la libertà vera? E’ la capacità di affrontare le proprie paure e andar oltre per cogliere quello che c’è. Libero è chi ha paura e nonostante ciò sceglie, agisce e conquista nuovi spazi dentro di sè, non fuori, dentro. Questo è l’unico vero viaggio in solitudine che val la pena fare. Per gli altri, è bello farli insieme, si gode il doppio.
“Non si arriva in alto superando gli altri, si va in alto superando se stessi”

Mario Alberto Catarozzo

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Cos’è il successo e come ottenerlo in 5 passi

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Il successo viene spesso associato ai soldi, alla fama, alla scalata sociale. Ma sarà così? Sarà quello il vero significato del successo, a cominciare dall’etimologia della parola stessa? Certo che no. Non è successo se non sei realizzato; non è vero successo se non sei felice.

E allora cos’è il successo?

Successo è il participio passato di “succedere“, far accadere. Il successo è dunque realizzare qualcosa che si ha in mente e nel cuore, a cui teniamo. Successo è rendere concreto, possibile un desiderio, un sogno, un obiettivo.

Il primo passo

Il punto di partenza deve necessariamente essere dunque sapere qual è la meta del nostro operare, verso cosa tendiamo, cosa vogliamo realizzare. Che sia un titolo di studio, una casa dove andare a vivere, un lavoro, un progetto, uno stile di vita, il successo arriverà solo se sappiamo cosa vogliamo. Il primo passaggio è dunque chiarirsi le idee su cosa voglia, cosa conta per noi.

Il secondo passo

Il secondo passaggio consisterà nel creare delle priorità. Tutti noi vogliamo tante cose e vorremmo realizzarle velocemente e tutte insieme. Bello sarebbe, eh?! Ma bisogna fare scelte, perché le risorse a nostra disposizione sono limitate, a cominciare dal tempo, fino alle energie fisiche, morali, economiche. Dunque facciamo chiarezza anche su cosa merita di più e cosa di meno, cosa possiamo realizzare per prima e cosa per seconda.

Il terzo passo

A questo punto ci serve una strategia. Senza tutto sarà più difficile, dispendioso e lasciato particolarmente al caso. Una strategia per definizione è relativa, quindi può essere composta solo dopo aver fissato la meta. Sarà la sequenza di atti che ci condurrà nel tempo da dove stiamo (c.d. situazione attuale) a dove vogliamo essere tra un tot di tempo (c.d. situazione desiderata).

Il quarto passo

Se il precedente è il terzo passaggio del nostro percorso verso il successo, il quarto consisterà nel mettere in pratica quanto programmato. Siamo arrivati all’azione. Con focus sulle priorità, sarà utile agire tenendo il timone stretto tra le mani per non farci portare fuori rotta. Per mantenerla dovremo inoltre fissarci dei punti intermedi di verifica, come la nave che nella sua crociera si ferma in porti intermedi a verificare che la rotta che sta seguendo sia ancora la migliore e apportare eventuali correttivi in fase di realizzazione del progetto.

L’ultimo passaggio

Ed eccoci arrivati in fondo! Se tutto è andato bene avremo raggiunto il nostro risultato, avremmo avuto successo perchè avremo fatto accadere ciò che avevamo in animo di fare. A questo punto manca solo una cosa: celebrare i successi! Sì, goderseli e trarre da essi insegnamento ed energia nuova. Molti infatti non riescono a godersi i successi, piccoli o grandi che siano, e ripartono subito verso altre mete senza mai fermarsi.

Riassumiamo nell’infografica qui sotto i passaggi fondamentali e ricordate che il successo è qualcosa di personale, soggettivo e soprattutto possibile per tutti!

A presto!

Mario Alberto Catarozzo

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C’è speranza di cambiare il nostro carattere? – Intervista Radio Capital

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È possibile modificare il proprio carattere? E questo cambiamento può essere interpretato come radicale o temporaneo? Queste sono alcune domande a cui si cerca di dare risposta nell’intervista su Radio Capital.

Partendo dal presupposto che occorre operare una distinzione precisa tra il proprio temperamento e la propria personalità, vediamo come sia data grande importanza alla prospettiva e all’atteggiamento che adottiamo nei confronti di ciò che ci accade nella vita.

Ascolta la registrazione sul mio canale YouTube o l’originale sul sito di Radio Capital.

Mario Alberto Catarozzo

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Karakter Coaching School: la scuola per diventare coach

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Una professione appassionante, remunerativa, utile? Non c’è dubbio: il Coach. Partito in ambito sportivo negli anni ’70, il coaching è approdato da anni nel mondo business e nel mondo life. Si servono del coaching gli sportivi, gli imprenditori, i professionisti, i manager, i genitori, i ragazzi e chiunque senta il bisogno di migliorarsi e migliorare le proprie capacità di gestire se stessi e le situazioni della vita.

Il coaching accompagna nelle scelte, aiuta a chiarire le idee, supporta nel definire la strategia utile e poi nel metterla in pratica. Il coaching è quell’utile alleato che permette a chiunque di migliorare nelle proprie performance e di provare maggiori soddisfazioni. Il coach pertanto ha un ruolo delicato nel percorso di crescita della persona, nelle scelte di vita professionali. coach pertanto non ci si improvvisa. Se si vuole diventare un coach vero, serio, competente bisogna studiare, allenarsi e avere una buona guida soprattutto nelle fasi iniziali del percorso.

Per questa ragione da anni in partnership con la Karakter Coaching School abbiamo realizzato un percorso mirato per formare coach professionisti di qualità, in particolare in ambito business. Il percorso ha la durata di 1 anno, con lezioni una volta al mense nel week end (sabato-domenica) per permettere a professionisti, manager e imprenditori di partecipare senza rinunciare a giornate di lavoro. Tanta teoria, tanta pratica. L’obiettivo è formare coach di qualità che possano fare la differenza con la propria competenza.

A luglio terminerà il percorso 2016-2017 e ad ottobre partirà il nuovo percorso 2017-2018: Per chi fosse interessato a sapere di più di questa stupenda professione e del percorso per acquisire la qualifica può trovare tutte le informazioni QUI.

 

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5 regole d’oro per valorizzare il proprio talento

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Ciascuno ha un talento, alcuni anche più di uno. Parliamo di competenze, di capacità che ci vengono naturali da mettere in pratica e che ci permettono di raggiungere risultati eccellenti. La maggior parte di noi, tuttavia, non lo sa. Non sa di averle, intendo. Il talento poi non va confuso con il genio, quella è un’altra cosa. Qualcuno da per scontato il proprio talento, mentre altri lo snobbano del tutto e alcuni perfino lo annoverano tra i difetti. C’è una ragione per cui tutto ciò accade: siamo stati allevati nella cultura dell’errore e della scaramanzia. Sarà capitato a molti che da piccoli i nostri genitori, e gli insegnanti dopo, continuassero a farci vedere cosa non sapevamo fare, cosa sbagliavamo, i nostri difetti e carenze. Dai e dai siamo nel tempo diventati esperti dei nostri errori e mancanze.

“Dove focalizzerai l’attenzione là diventerai abile”

Certo, se mi alleno in una direzione, in quella diventerò più bravo. Poche volte ci hanno fatto pensare alle nostre qualità, ai nostri punti di forza, ai nostri talenti, appunto. Ecco perché non li conosciamo: non perché non ne abbiamo, ma perchè non siamo abituati a vederli e a valorizzarli.

Scaramanzia? No, grazie

Vogliamo poi parlare di quante volte ci hanno detto di non montarci la testa? Di non credere di essere arrivati? Di non gioire troppo presto? Tra la cautela e la scaramanzia c’è una bella differenza, come tra il fare il gradasso e il riconoscere e celebrare un proprio successo. Tenere i piedi a terra è utilissimo, ma anche saper avere fiducia nei propri messi lo è.

Che sia un nuovo inizio

È arrivato allora il momento di cambiare rotta. È arrivato il momento di cominciare a pensare e cercare quali sono i nostri talenti. C’è infatti chi ha grandi capacità empatiche, chi ha grandi capacità organizzative, chi sa mediare nei conflitti con competenza, chi sa con creatività risolvere i problemi, chi sa essere particolarmente persuasivo, chi sa essere lungimirante. Passiamo poi a chi ha talenti legati alla leadership o al carisma e sa essere trascinatore, magari tra amici, oppure tra colleghi. Il talento poi può riguardare competenze e abilità manuali, artigianali, piuttosto che culinarie oppure musicali.

Tutti abbiamo un talento, moltissimi inespresso. Che peccato non farlo emergere, non valorizzarlo, non donarlo al mondo.

Il nemico in questi casi è l’abitudine, piuttosto che il pudore o la mancanza di autostima. Al diavolo queste cose, come dice Gianna Nannini “ricordati di splendere” e, invece di pensare che siamo come tutti gli altri (o meno ancora), cominciamo a pensare che abbiamo per forza qualcosa di speciale e che dobbiamo solo riconoscerlo e dargli voce.

Dal “detective dell’errore” diventiamo “detective del talento”

Infine, per tutti coloro che sono team leader e che dirigono o gestiscono altre persone, allenatevi a riconoscere il talento dei vostri collaboratori, loro saranno felici e voi avrete da loro il meglio.

5 regole d’oro per far emergere il talento

Ecco 5 regole d’oro per valorizzare i propri talenti:

  1. Imparate ad ascoltare il vostro istinto.
  2. Coltivate l’autostima celebrando i successi.
  3. Chiedetevi ogni giorno in cosa sono particolarmente abile.
  4. Focalizzate la vostra attenzione su ciò che sapete fare bene, piuttosto che su ciò che non sapete fare bene.
  5. Seguite il vostro piacere e vi guiderà con la passione verso il successo.

 
Mario Alberto Catarozzo
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Molto più di una Scuola di Coaching

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Aprire una scuola di coaching qualche anno fa è stata una bella sfida. Marco Angeletti e Alessandra Abbattista, non a caso marito e moglie, l’hanno colta. Da allora non ci siamo più fermati, in un connubio a tre fantastico, coinvolti con entusiasmo dall’idea di lasciare il segno nella vita delle persone. Questo è ciò che oggi cerchiamo di fare. Non è la nostra una scuola nel senso tradizionale del termine, con i banchi al di là dei quali c’è qualcuno che insegna e al di qua qualcuno che impara. La nostra è una dimensione prima di tutto. Non si può fare il coach, si diventa. E prima si diventa coach come attitudine, come mentalità, e poi come lavoro. Molti dei nostri partecipanti, avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, manager, imprenditori non faranno i coach come professione, perché il loro obiettivo è diventare coach per poter fare meglio la professione che già hanno intrapreso.

Nella nostra scuola condividiamo esperienze, percorsi, emozioni, voglia di crescere, di confrontarsi, di conoscere.

Non avrei mai immaginatoracconta Sonia Spagnol, responsabile comunicazione di uno studio fiscale e legale internazionale, che ha partecipato al corso 2016-2017che il coaching potesse avere un impatto così forte sulla mia vita. Sia personale che lavorativa. Durante lezioni intense e ricchissime, Alessandra, Marco e Mario hanno saputo tirare fuori il meglio di me, trasmettendomi strumenti che quotidianamente applico per rapportarmi con i colleghi, per prendere decisioni importanti, per valutare avvenimenti che mi toccano da vicino. Il mio approccio alla vita è cambiato: il percorso nella scuola di coaching ha dato il là a una crescita personale che sono certa non si arresterà con la fine del corso. È stato innescato un circolo virtuoso di evoluzione e potenziamento delle mie capacità e delle mie attitudini. E nel mio lavoro sto già utilizzando quanto appreso, aiutando i professionisti dello studio a focalizzarsi maggiormente sugli obiettivi e a prendere consapevolezza dei propri talenti e delle potenzialità ancora inespresse.

Cerchiamo, con la nostra passione e amore per ciò che facciamo, di applicare quanto Plutarco ha insegnato: “La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.

Abbiamo appena concluso l’edizione 2016-2017 di Milano e Roma diplomando nuovi coach. Tanta emozione nel rivivere ciò che io, Marco e Alessandra abbiamo vissuto tanti anni fa quando noi stessi siamo diventati coach. Rivedere negli occhi dei nostri neo-coach l’entusiasmo, la passione, la voglia di portare un futuro migliore a sè e agli altri ci anima sempre di più.

Si passa un intero anno insieme, si condividono weekend tra slide, esercizi, risate, filmati, pranzi e caffè. Si conoscono nuovi compagni di viaggio, si impara a conoscere meglio se stessi.

Mi sono iscritto alla scuolascrive Iacopo Savi, avvocatocredendo di conoscere il Coaching, per acquisire delle competenze tecniche da spendere con i collaboratori e i clienti.
Ho vissuto la scuola profondamente, ogni momento, ogni esperienza, ogni persona, ogni nozione, ogni emozione (anche quella più banale) è stata un tassello fondamentale.
Oggi sono trasformato nel profondo ed ho la consapevolezza di aver portato a casa molto più di quello che Alessandra, Marco e Mario mi avevano promesso e che mi aspettavo.
La scuola è stata una sveglia al termine della quale è iniziata la nuova giornata della mia vita
”.

 

Il primo semestre del corso è dedicato al self coaching, a se stessi, a conoscersi meglio, ad entrare nelle proprie emozioni e nel proprio mondo, spesso a molti ancora sconosciuto.

Il secondo semestre, invece, è dedicato ad apprendere nuove skills: PNL, comunicazione, public speaking, leadership, gestione dei team, elementi di business e strumenti di managerialità.

12 weekend in formula venerdì-sabato e sabato-domenica alternati diventano un vero percorso di crescita, un viaggio dentro se stessi prima che tra le tecniche del coaching e della PNL.

Il 30 settembre si parte a Milano con la nuova edizione del corso 2017-2018 e il 7 ottobre si accenderanno i riflettori anche per la sede di Roma.

Approfitta del buono sconto entro il 31.07.2017!

Chi vuole fare questo viaggio insieme a noi è il ben accetto, salga a bordo e si parte!

Buona estate a tutti.

Con l’occhio fisso alle stelle misuro le distanze
tra gli uomini e i loro sogni
e quando l’alba desta la speranza
capisco che il volare non è questione di ali ma di impegno
(Da Lettere dal Silenzio)

Mario Alberto Catarozzo
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Benessere e coaching: 5 buone abitudini per un risveglio sano. Parola di coach!

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Il risveglio è un momento delicato per il corpo e per la mente. Siamo stati 7-8 ore sdraiati a letto senza bere e respirando “corti”. Pertanto le prime due cose di cui ha bisogno il nostro organismo sono acqua e ossigeno.

Due abitudini da ricordare

Appena alzati due fondamentali abitudini devono essere idratarsi bevendo acqua a temperatura ambiente, magari con aggiunta di mezzo limone spremuto fresco e respirare a fondo (c.d. respirazione addominale). Per fare ciò, vi consiglio di prepararvi già la sera prima una bella bottiglia di acqua con un bicchiere e vicino il vostro limone da spremere. Le buone abitudini si acquisiscono meglio se ciò che ci serve è a portata di mano e in buona vista, così eviteremo di dimenticarci e…di farci prendere dalla pigrizia.

Per quanto riguarda il respiro, invece, prendete l’abitudine di mettervi davanti alla finestra, meglio se aperta (anche d’inverno) per fare entrare aria fresca e di fare 3-5 cicli di respirazione. Immaginate di avere due cannucce che entrano nei setti nasali e arrivano fino in fondo alla vostra pancia all’altezza dell’ombelico. Inspirate con il naso riempiendo prima la pancia (buttate in fuori l’ombelico) e poi salite riempiendo i polmoni. Trattenete a questo punto il respiro per 3-5 secondi, come se foste in apnea sott’acqua, e poi espirate lentamente con la bocca controllando il flusso di aria che esce. Espirate tutta l’aria dei polmoni fino in fondo e poi ricominciate l’esercizio che deve durare circa 1-2 minuti.

La piramide alimentare

Per quanto riguarda l’alimentazione, ricordiamoci che noi siamo ciò che mangiamo. Il cibo dialoga letteralmente con il nostro organismo e con il sistema immunitario che ogni mattina fa un check della situazione e riparte a pieno regime. Fondamentale quindi è ciò che ingeriamo nella prima ora dal risveglio, dove diamo al nostro organismo un messaggio circa la quantità di cibo che avremo a disposizione durante la giornata e la qualità. Un’ottima abitudine è dunque fare una colazione ricca ma ben bilanciata, per poi mangiare moderatamente a mezzogiorno e poco la sera. È questa la regola dell’alimentazione “a triangolo”, tanto-medio-poco.

Cosa mangiamo e l’ordine con cui lo facciamo è importante

Come primo alimento al mattino è consigliabile partire da frutta fresca colorata di stagione, tipo kiwi, ciliegie, frutti rossi, arance. Meglio se mangiate a morsi, invece che spremute o frullate: l’assorbimento degli zuccheri sarà più lento insieme alle fibre. Ottima abitudine è poi introdurre proteine sane e grassi sani come quelli dei semi: noci, nocciole, mandorle, semi di chia, semi di lino, semi di girasole, semi di zucca. Evitare il latte è un’ottima idea e sostituirlo con latte di mandorla, di riso, di soya è decisamente meglio. Insieme possiamo mettere fiocchi integrali di mais, muesli, e simili. Meglio se tutto biologico e integrale. Dopo un bel caffè ci sta bene, come un centrifugato o un frullato. Ovviamente niente sigarette, niente brioche, né vegane né integrali al miele, tutte stupidaggini.

Ultimo passaggio, ma non per ultimo, è un po’ di esercizio fisico dolce per risvegliare i muscoli fermi tutta la notte. Stretching quindi. Piegamenti sulle gambe, allungamento delle braccia, torsioni del busto, saluto al sole stile yoga e si parte nuovi nuovi.

La costanza premia

Ricordate, come ci insegna il coaching, che per acquisire nuove abitudini non dobbiamo focalizzarci su ciò che non va o non ci piace, ma su ciò che vogliamo di nuovo. Ricordate inoltre che non basta fare una volta, ma bisogna continuare a fare, affinchè un nuovo comportamento o modo di pensare diventi quello abituale. Una vecchia abitudine disfunzionale si supera allenando la nuova abitudine più funzionale.

In 3-4 settimane di allenamento costante vedrete che non potrete più farne a meno e questo modo di risvegliarsi prendendosi cura del proprio corpo e della propria mente diventerà una nuova sana abitudine.

A proposito….non abbiamo parlato di come allenare la mente al risveglio. Beh, lo faremo nella prossima puntata.

A presto!

Mario Alberto Catarozzo

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Poca autostima? Niente paura, le soluzioni ci sono

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Cominciamo con il ringraziare mamma e papà. Già, sono stati loro i nostri primi coach. Sono stati loro nella maggior parte dei casi ad aver coltivato in noi e alimentato la “cultura dell’errore” e il senso di colpa: “perché non hai fatto…”, “mi aspettavo che…”, “guarda tuo fratello…”, “non mi dire che…”, “hai fatto solo il tuo dovere…”. Potremmo continuare a lungo nel novero delle simpatiche frasi che hanno nutrito i nostri primi anni di infanzia e di gioventù, quando l’autostima crea le proprie fondamenta. In quegli anni siamo chiamati a rispondere alla non facile domanda “chi sono” e “quanto valgo”. Hai detto poco???

Cerco di essere come tu mi vuoi

Se siamo stati allenati a pensare sempre a ciò che gli altri si aspettano da noi (aspettative), saremo portati a cercare di non deludere il resto del mondo. Stiamo giocando una partita in cui si può solo perdere, solo non riuscire ad essere come gli altri (spesso non meglio definiti) si aspettano. L’ansia da performance, la paura di sbagliare e di essere sbagliati è sempre lì a fare capolino. Non solo. Se cerchiamo di essere come gli altri vorrebbero, siamo destinati a fare una fatica enorme per avere briciole di risultati e sentirci sempre “precari”.

Guarda l’altro per capire chi sei

L’altra criptonite per Superman nella nostra infanzia è stata la frase “guarda tuo fratello/sorella…”, “guarda la tua amica…”, oppure “io alla tua età facevo…”. Ah, grazie ancora mamma e papà: ora mi sento molto meglio a sapere che sono meno di qualcun altro…

Certo, qualcuno potrebbe dire che questa è stata una tattica per farci reagire, per colpire l’amor proprio in noi e provocare una reazione. Mah, può darsi. Ciò che è certo è che ci ha ferito, che ha lasciato tracce perchè in quel momento della nostra giovane età il messaggio che ci è arrivato è stato “tu non vai bene così…diventa come…l’altro sì che è ok”. Di nuovo l’autostima ringrazia per la delicatezza con cui si è stati trattati.

Continuiamo a trattarci così

Consideriamo che quanto appreso negli anni giovanili tenderemo in linea di massima a ripeterlo da adulti, infliggendo a noi stessi proprio quelle cose che abbiamo odiato subire. L’analisi transazionale spiega bene questi meccanismi del recitare un “copione” per il resto della propria vita nelle relazioni affettive e lavorative. Insomma, se un tempo erano mamma e papà a dirci cose che ci facevano soffrire e ci complicavano la vita…ora lo faccio noi stessi con le nostre mani.

Uscire si può: riprendiamo in mano la nostra autostima

È possibile da adulti superare certe dinamiche? È possibile cambiare il proprio modo di vedere noi stessi? Possiamo coltivare la nostra autostima e donarci maggior benessere? Certo che sì. Ciascuno ha una propria indole e una propria storia personale, per cui i percorsi vanno personalizzati con tempi e modi utili per ciascuno. Detto ciò, conoscere come funzionano in noi certi meccanismi e avere gli strumenti per trasformare un certo modo di pensare che ci rende “minus” con un modo potenziante che alimenta la propria autostima si può e ce lo dobbiamo!

Cercare di essere felici è la prima responsabilità che abbiamo verso noi stessi.

Nel seminario residenziale che si tiene a dicembre a Gressoney, lavoreremo il sabato mattina proprio su questo, sulla nostra autostima per imparare a conoscerla, a capirne i meccanismi e ad alimentarla in modo sano e funzionale al nostro benessere.

Il prossimo appuntamento a Gressoney è il weekend dall’ 1 al 3 dicembre 2017.
Scopri il programma delle 3 giornate e la location sul sito www.puntosudime.it.

Mario Alberto Catarozzo

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Il re è nudo. Ecco perché dobbiamo abbracciare la vita subito

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Temiamo il fallimento, temiamo il giudizio degli altri, temiamo di perdere soldi, di perdere oggetti, di perdere persone. Cosa dimentichiamo in tutto questo? Che il re è nudo, è già nudo. Solo ricordando che un giorno sarà finita, che questo viaggio è a tempo, che è senza ritorno…allora daremo il giusto peso alle cose che accadono.

In PNL (Programmazione Neuro Linguista) questa operazione si chiama reframing (“ricontestualizzare”). Solo quando allarghiamo lo scenario in cui inseriamo gli eventi, questi ci possono apparire per ciò che sono: granelli di sabbia su una spiaggia, gocce di acqua nel mare. Cosa abbiamo da perdere davvero? Nulla. O forse tutto. È la stessa cosa. La morte ci ricorda il valore del tempo. Sapere che un giorno finirà e perderemo tutto, ci può aiutare a dare il giusto peso alle cose e che ogni cosa che viviamo…è una conquista. Nulla è nostro, nulla rimane, nulla è scontato.

Perché?

Perché quindi dovremmo temere il giudizio altrui e limitare la nostra personalità? Perché dovremmo evitare di tentare una impresa per paura del fallimento? Perché dovremmo frenarci di fronte ad un abbraccio che vorremmo dare e non diamo per timore di essere respinti o delusi? Perché dovremmo risparmiarci di fronte ad un sacrificio per ottenere un risultato a cui teniamo? Il re è nudo, è già nudo, ricordiamolo sempre. Non abbiamo niente da perdere, perché nulla è nostro davvero. È una illusione, una dolce, utile, vitale illusione.

Il tempo: l’unico vero valore

Abbiamo una sola chanche, abbiamo poco tempo e nulla è scontato. Noi diamo per scontato che il respirare, l’essere qui ora, l’essere in piedi sia un diritto. Non è così. Nel fascino della vita l’essere qui ora a poter leggere questo articolo non è affatto scontato. Siamo parte di una magia che si chiama vita e il nostro compito è di dare un senso a questo viaggio. Lo state facendo? State investendo la risorsa più preziosa nel modo migliore? Il tempo che passa ci ricorda che non scherza, che è un credito che va ben speso. Siete in vacanza con le persone che amate? State facendo progetti che vi riempiono il cuore? Fate un lavoro che nutre la vostra passione? Passate del tempo in luoghi desiderati? Riuscite a vivere il presente e godervelo come il bene più prezioso? Se sì, allora state realizzando il film più bello, dove siete voi i protagonisti. Se no, allora siete comparse sullo sfondo di una trama che non vi ricomprende.

Nulla è perso

Riprendetevi la centralità della vostra vita. Potete ancora farlo. Se siete qui ora, vuol dire che non è ancora finita, che se volete potete dare la svolta che volete a questo tempo che passa e che chiamiamo vita. Chi ve lo impedisce? Cosa ve lo impedisce? Ve lo dico io: nulla, se non la paura, la pigrizia e la mancanza di chiarezza su ciò che volete davvero. Questi tre ingredienti, insieme, sono un cocktail letale per la nostra felicità. Come spazzarli via in un attimo? Ricordando che è tutta una illusione: le certezze che pensiamo di avere, le ricchezze che pensiamo di avere, la salute che pensiamo di avere. Tutti noi ogni tanto ce lo ricordiamo perché sentiamo di un amico che si è ammalato gravemente o di un altro che è morto all’improvviso. È quello il momento in cui il tempo sembra fermarsi e nel silenzio che si crea ricordarci che nulla è scontato e tutto ciò che possiamo fare è vivere ogni momento.

Allora…

Andate e abbracciate chi amate, fate un sorriso a chi incontrate, leggete qualcosa che vi fa sentire bene, cantate, saltate, esplodete nella vostra vitalità, godete e fate godere chi è intorno a voi proprio ora.

Questo momento non ritornerà più e questa non è un’illusione, è la realtà!

Ricordati di splendere canta Gianna Nannini. Già, ricordati di splendere proprio ora che sei nudo, nudo di fronte al tempo che passa.

Mario Alberto Catarozzo

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Benessere e coaching: perché è così difficile rompere le cattive abitudini

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Quando si parla di allenamento si pensa subito all’allenamento fisico, dimenticando che anche quello mentale è una forma di allenamento. Le abitudini sono proprio l’effetto di azioni e pensieri ripetuti (quindi allenati) che ad un certo punto diventano automatismi.

La ragione per cui ciò accade è legata ad un meccanismo del cervello che si chiama “plasticità neuronale” e indica la caratteristica per cui più esercitiamo (utilizziamo) un circuito neuronale – che è alla base di un pensiero o un comportamento – più tale circuito si rinforza. Di conseguenza l’impulso elettro-chimico, alla base del pensiero, viaggerà sempre più veloce quanto più il circuito sarà stabile e utilizzato. Poiché il nostro cervello utilizza anche un altro principio per funzionare, e cioè il “principio di economia”, ecco che tenderemo ad utilizzare prevalentemente i circuiti più veloci e cioè quelli abitudinari di fronte agli stimoli esterni. Detto in altro modo, è facile entrare in un circolo vizioso ed è difficile uscirne. Alla base, oltre alle motivazioni psicologiche ed emotive (la paura del nuovo, la pigrizia etc.), troviamo soprattutto ragioni neurologiche: più di fronte ad uno stimolo esterno utilizzeremo un modo di pensare o di agire, più questo diventerà abitudinario e più sarà abitudinario più sarà veloce l’automatismo stimolo-risposta e sarà difficile vederlo (esserne consapevoli) e uscirne (fare diversamente).

Dove interviene il coaching

Questo è uno dei compiti del coach: rappresentare un terzo occhio che dall’esterno aiuti l’interessato a vedere cose che ai propri occhi risultano oramai scontate e aiutarlo a diventarne consapevole, per poter elaborare nuovi schemi di azione e di pensiero allenando questi più funzionali, a discapito di quelli disfunzionali.

La consapevolezza è il primo passo del cambiamento intenzionale.

Come avviene il cambiamento?

Cambiare non vuol dire agire su ciò che non va, come molti pensano; bensì agire su ciò che vogliamo che funzioni in alternativa. Detto in altre parole, per introdurre nella nostra vita cambiamenti dobbiamo decidere prima cosa vogliamo ottenere e impegnarci dopo per allenare questo nuovo modo di pensare e di agire, finchè diventerà una nuova abitudine (più funzionale della precedente).

Ricordiamoci, infine, che il cambiamento è una samba: un passo avanti, un passo indietro, un passo a lato. Cambiare non vuol dire non sbagliare più e non ricadere nella vecchia abitudine; non è possibile introdurre cambiamenti improvvisi, repentini e senza errori o ricadute. Ciò che avviene con queste dinamiche si chiama trauma. Il cambiamento è un percorso durante il quale una volta si riesce, una volta si ricade e una volta si riesce a metà, ma tutto all’interno di un trend di crescita, che ad un certo punto produrrà i suoi effetti, come l’acqua sul fuoco che bolle, che fino a 99 gradi sembra non subisca alcun cambiamento per poi all’improvviso cominciare a bollire.

Chiarezza di intenti, costanza e determinazione sono i veri ingredienti del cambiamento.

Mario Alberto Catarozzo

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Liberi dalla paura

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Si sente parlare tanto di libertà. Ma che cos’è la libertà? Viviamo per nostra fortuna in un Paese libero. Qui ciascuno può potenzialmente fare ciò che desidera: ha libertà di pensiero, di parola, di movimento, di iniziativa. I limiti non sono dunque lì. I limiti non sono nella nostra testa e nel nostro cuore.
Possiamo scegliere, sempre. Ma scegliere vuol dire affrontare il rischio di rinunciare a tutto quello che non si è scelto. Scegliere vuol dire rischiare, avere coraggio, mettere del proprio.
Anche la Costituzione italiana dice che l’iniziativa privata è libera, per sottolineare una conquista che i cittadini settanta anni fa riuscirono a raggiungere. Se volete potete cambiare lavoro, fare carriera, decidere di mettervi in proprio. Potete rimanere in Italia o andare all’estero; potete farlo da soli o con altri. Insomma siete liberi. Se non lo fate è perché non volete o non siete capaci. E allora non è una questione di libertà, ma di testa e di cuore.
Stessa cosa nella vita privata. Si sente tanto parlare di libertà, di spazi di autonomia, di indipendenza. Certo, ma lo siamo già tutti potenzialmente. Chi ne parla così tanto è perché non è libero dentro e proietta fuori i propri vincoli psicologici ed emotivi. Siamo noi che ci autolimitiamo. Non sono gli altri a farlo. Accusiamo, ma in realtà siamo noi gli artefici di tutto. Siamo già liberi, basta sentirlo e attuarlo. Ma non si è liberi nell’essere single, piuttosto che nel fare viaggi da soli, oppure nel prendere l’agenda e programmare le uscite come se fossero appuntamenti di lavoro. Li si è nuovamente schiavi, ma della paura.
Cos’è allora la libertà vera? E’ la capacità di affrontare le proprie paure e andar oltre per cogliere quello che c’è. Libero è chi ha paura e nonostante ciò sceglie, agisce e conquista nuovi spazi dentro di sè, non fuori, dentro. Questo è l’unico vero viaggio in solitudine che val la pena fare. Per gli altri, è bello farli insieme, si gode il doppio.
“Non si arriva in alto superando gli altri, si va in alto superando se stessi”

 
 
Mario Alberto Catarozzo

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Cos’è il successo e come ottenerlo in 5 passi

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Il successo viene spesso associato ai soldi, alla fama, alla scalata sociale. Ma sarà così? Sarà quello il vero significato del successo, a cominciare dall’etimologia della parola stessa? Certo che no. Non è successo se non sei realizzato; non è vero successo se non sei felice.

E allora cos’è il successo?

Successo è il participio passato di “succedere“, far accadere. Il successo è dunque realizzare qualcosa che si ha in mente e nel cuore, a cui teniamo. Successo è rendere concreto, possibile un desiderio, un sogno, un obiettivo.

Il primo passo

Il punto di partenza deve necessariamente essere dunque sapere qual è la meta del nostro operare, verso cosa tendiamo, cosa vogliamo realizzare. Che sia un titolo di studio, una casa dove andare a vivere, un lavoro, un progetto, uno stile di vita, il successo arriverà solo se sappiamo cosa vogliamo. Il primo passaggio è dunque chiarirsi le idee su cosa voglia, cosa conta per noi.

Il secondo passo

Il secondo passaggio consisterà nel creare delle priorità. Tutti noi vogliamo tante cose e vorremmo realizzarle velocemente e tutte insieme. Bello sarebbe, eh?! Ma bisogna fare scelte, perché le risorse a nostra disposizione sono limitate, a cominciare dal tempo, fino alle energie fisiche, morali, economiche. Dunque facciamo chiarezza anche su cosa merita di più e cosa di meno, cosa possiamo realizzare per prima e cosa per seconda.

Il terzo passo

A questo punto ci serve una strategia. Senza tutto sarà più difficile, dispendioso e lasciato particolarmente al caso. Una strategia per definizione è relativa, quindi può essere composta solo dopo aver fissato la meta. Sarà la sequenza di atti che ci condurrà nel tempo da dove stiamo (c.d. situazione attuale) a dove vogliamo essere tra un tot di tempo (c.d. situazione desiderata).

Il quarto passo

Se il precedente è il terzo passaggio del nostro percorso verso il successo, il quarto consisterà nel mettere in pratica quanto programmato. Siamo arrivati all’azione. Con focus sulle priorità, sarà utile agire tenendo il timone stretto tra le mani per non farci portare fuori rotta. Per mantenerla dovremo inoltre fissarci dei punti intermedi di verifica, come la nave che nella sua crociera si ferma in porti intermedi a verificare che la rotta che sta seguendo sia ancora la migliore e apportare eventuali correttivi in fase di realizzazione del progetto.

L’ultimo passaggio

Ed eccoci arrivati in fondo! Se tutto è andato bene avremo raggiunto il nostro risultato, avremmo avuto successo perchè avremo fatto accadere ciò che avevamo in animo di fare. A questo punto manca solo una cosa: celebrare i successi! Sì, goderseli e trarre da essi insegnamento ed energia nuova. Molti infatti non riescono a godersi i successi, piccoli o grandi che siano, e ripartono subito verso altre mete senza mai fermarsi.

Riassumiamo nell’infografica qui sotto i passaggi fondamentali e ricordate che il successo è qualcosa di personale, soggettivo e soprattutto possibile per tutti!

A presto!


 
 
Mario Alberto Catarozzo

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C’è speranza di cambiare il nostro carattere? – Intervista Radio Capital

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È possibile modificare il proprio carattere? E questo cambiamento può essere interpretato come radicale o temporaneo? Queste sono alcune domande a cui si cerca di dare risposta nell’intervista su Radio Capital.

Partendo dal presupposto che occorre operare una distinzione precisa tra il proprio temperamento e la propria personalità, vediamo come sia data grande importanza alla prospettiva e all’atteggiamento che adottiamo nei confronti di ciò che ci accade nella vita.

Ascolta la registrazione sul mio canale YouTube o l’originale sul sito di Radio Capital.
 
 
Mario Alberto Catarozzo

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Karakter Coaching School: la scuola per diventare coach

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Una professione appassionante, remunerativa, utile? Non c’è dubbio: il Coach. Partito in ambito sportivo negli anni ’70, il coaching è approdato da anni nel mondo business e nel mondo life. Si servono del coaching gli sportivi, gli imprenditori, i professionisti, i manager, i genitori, i ragazzi e chiunque senta il bisogno di migliorarsi e migliorare le proprie capacità di gestire se stessi e le situazioni della vita.

Il coaching accompagna nelle scelte, aiuta a chiarire le idee, supporta nel definire la strategia utile e poi nel metterla in pratica. Il coaching è quell’utile alleato che permette a chiunque di migliorare nelle proprie performance e di provare maggiori soddisfazioni. Il coach pertanto ha un ruolo delicato nel percorso di crescita della persona, nelle scelte di vita professionali. coach pertanto non ci si improvvisa. Se si vuole diventare un coach vero, serio, competente bisogna studiare, allenarsi e avere una buona guida soprattutto nelle fasi iniziali del percorso.

Per questa ragione da anni in partnership con la Karakter Coaching School abbiamo realizzato un percorso mirato per formare coach professionisti di qualità, in particolare in ambito business. Il percorso ha la durata di 1 anno, con lezioni una volta al mense nel week end (sabato-domenica) per permettere a professionisti, manager e imprenditori di partecipare senza rinunciare a giornate di lavoro. Tanta teoria, tanta pratica. L’obiettivo è formare coach di qualità che possano fare la differenza con la propria competenza.

A luglio terminerà il percorso 2016-2017 e ad ottobre partirà il nuovo percorso 2017-2018: Per chi fosse interessato a sapere di più di questa stupenda professione e del percorso per acquisire la qualifica può trovare tutte le informazioni QUI.
 
 
Mario Alberto Catarozzo

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5 regole d’oro per valorizzare il proprio talento

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Ciascuno ha un talento, alcuni anche più di uno. Parliamo di competenze, di capacità che ci vengono naturali da mettere in pratica e che ci permettono di raggiungere risultati eccellenti. La maggior parte di noi, tuttavia, non lo sa. Non sa di averle, intendo. Il talento poi non va confuso con il genio, quella è un’altra cosa. Qualcuno da per scontato il proprio talento, mentre altri lo snobbano del tutto e alcuni perfino lo annoverano tra i difetti. C’è una ragione per cui tutto ciò accade: siamo stati allevati nella cultura dell’errore e della scaramanzia. Sarà capitato a molti che da piccoli i nostri genitori, e gli insegnanti dopo, continuassero a farci vedere cosa non sapevamo fare, cosa sbagliavamo, i nostri difetti e carenze. Dai e dai siamo nel tempo diventati esperti dei nostri errori e mancanze.

“Dove focalizzerai l’attenzione là diventerai abile”

Certo, se mi alleno in una direzione, in quella diventerò più bravo. Poche volte ci hanno fatto pensare alle nostre qualità, ai nostri punti di forza, ai nostri talenti, appunto. Ecco perché non li conosciamo: non perché non ne abbiamo, ma perchè non siamo abituati a vederli e a valorizzarli.

Scaramanzia? No, grazie

Vogliamo poi parlare di quante volte ci hanno detto di non montarci la testa? Di non credere di essere arrivati? Di non gioire troppo presto? Tra la cautela e la scaramanzia c’è una bella differenza, come tra il fare il gradasso e il riconoscere e celebrare un proprio successo. Tenere i piedi a terra è utilissimo, ma anche saper avere fiducia nei propri messi lo è.

Che sia un nuovo inizio

È arrivato allora il momento di cambiare rotta. È arrivato il momento di cominciare a pensare e cercare quali sono i nostri talenti. C’è infatti chi ha grandi capacità empatiche, chi ha grandi capacità organizzative, chi sa mediare nei conflitti con competenza, chi sa con creatività risolvere i problemi, chi sa essere particolarmente persuasivo, chi sa essere lungimirante. Passiamo poi a chi ha talenti legati alla leadership o al carisma e sa essere trascinatore, magari tra amici, oppure tra colleghi. Il talento poi può riguardare competenze e abilità manuali, artigianali, piuttosto che culinarie oppure musicali.

Tutti abbiamo un talento, moltissimi inespresso. Che peccato non farlo emergere, non valorizzarlo, non donarlo al mondo.

Il nemico in questi casi è l’abitudine, piuttosto che il pudore o la mancanza di autostima. Al diavolo queste cose, come dice Gianna Nannini “ricordati di splendere” e, invece di pensare che siamo come tutti gli altri (o meno ancora), cominciamo a pensare che abbiamo per forza qualcosa di speciale e che dobbiamo solo riconoscerlo e dargli voce.

Dal “detective dell’errore” diventiamo “detective del talento”

Infine, per tutti coloro che sono team leader e che dirigono o gestiscono altre persone, allenatevi a riconoscere il talento dei vostri collaboratori, loro saranno felici e voi avrete da loro il meglio.

5 regole d’oro per far emergere il talento

Ecco 5 regole d’oro per valorizzare i propri talenti:

  1. Imparate ad ascoltare il vostro istinto.
  2. Coltivate l’autostima celebrando i successi.
  3. Chiedetevi ogni giorno in cosa sono particolarmente abile.
  4. Focalizzate la vostra attenzione su ciò che sapete fare bene, piuttosto che su ciò che non sapete fare bene.
  5. Seguite il vostro piacere e vi guiderà con la passione verso il successo.

 
 
Mario Alberto Catarozzo

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Molto più di una Scuola di Coaching

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Aprire una scuola di coaching qualche anno fa è stata una bella sfida. Marco Angeletti e Alessandra Abbattista, non a caso marito e moglie, l’hanno colta. Da allora non ci siamo più fermati, in un connubio a tre fantastico, coinvolti con entusiasmo dall’idea di lasciare il segno nella vita delle persone. Questo è ciò che oggi cerchiamo di fare. Non è la nostra una scuola nel senso tradizionale del termine, con i banchi al di là dei quali c’è qualcuno che insegna e al di qua qualcuno che impara. La nostra è una dimensione prima di tutto. Non si può fare il coach, si diventa. E prima si diventa coach come attitudine, come mentalità, e poi come lavoro. Molti dei nostri partecipanti, avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, manager, imprenditori non faranno i coach come professione, perché il loro obiettivo è diventare coach per poter fare meglio la professione che già hanno intrapreso.

Nella nostra scuola condividiamo esperienze, percorsi, emozioni, voglia di crescere, di confrontarsi, di conoscere.

Non avrei mai immaginatoracconta Sonia Spagnol, responsabile comunicazione di uno studio fiscale e legale internazionale, che ha partecipato al corso 2016-2017che il coaching potesse avere un impatto così forte sulla mia vita. Sia personale che lavorativa. Durante lezioni intense e ricchissime, Alessandra, Marco e Mario hanno saputo tirare fuori il meglio di me, trasmettendomi strumenti che quotidianamente applico per rapportarmi con i colleghi, per prendere decisioni importanti, per valutare avvenimenti che mi toccano da vicino. Il mio approccio alla vita è cambiato: il percorso nella scuola di coaching ha dato il là a una crescita personale che sono certa non si arresterà con la fine del corso. È stato innescato un circolo virtuoso di evoluzione e potenziamento delle mie capacità e delle mie attitudini. E nel mio lavoro sto già utilizzando quanto appreso, aiutando i professionisti dello studio a focalizzarsi maggiormente sugli obiettivi e a prendere consapevolezza dei propri talenti e delle potenzialità ancora inespresse.

Cerchiamo, con la nostra passione e amore per ciò che facciamo, di applicare quanto Plutarco ha insegnato: “La mente non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”.

Abbiamo appena concluso l’edizione 2016-2017 di Milano e Roma diplomando nuovi coach. Tanta emozione nel rivivere ciò che io, Marco e Alessandra abbiamo vissuto tanti anni fa quando noi stessi siamo diventati coach. Rivedere negli occhi dei nostri neo-coach l’entusiasmo, la passione, la voglia di portare un futuro migliore a sè e agli altri ci anima sempre di più.

Si passa un intero anno insieme, si condividono weekend tra slide, esercizi, risate, filmati, pranzi e caffè. Si conoscono nuovi compagni di viaggio, si impara a conoscere meglio se stessi.

Mi sono iscritto alla scuolascrive Iacopo Savi, avvocatocredendo di conoscere il Coaching, per acquisire delle competenze tecniche da spendere con i collaboratori e i clienti.
Ho vissuto la scuola profondamente, ogni momento, ogni esperienza, ogni persona, ogni nozione, ogni emozione (anche quella più banale) è stata un tassello fondamentale.
Oggi sono trasformato nel profondo ed ho la consapevolezza di aver portato a casa molto più di quello che Alessandra, Marco e Mario mi avevano promesso e che mi aspettavo.
La scuola è stata una sveglia al termine della quale è iniziata la nuova giornata della mia vita
”.

 

Il primo semestre del corso è dedicato al self coaching, a se stessi, a conoscersi meglio, ad entrare nelle proprie emozioni e nel proprio mondo, spesso a molti ancora sconosciuto.

Il secondo semestre, invece, è dedicato ad apprendere nuove skills: PNL, comunicazione, public speaking, leadership, gestione dei team, elementi di business e strumenti di managerialità.

12 weekend in formula venerdì-sabato e sabato-domenica alternati diventano un vero percorso di crescita, un viaggio dentro se stessi prima che tra le tecniche del coaching e della PNL.

Il 30 settembre si parte a Milano con la nuova edizione del corso 2017-2018 e il 7 ottobre si accenderanno i riflettori anche per la sede di Roma.

Approfitta del buono sconto entro il 31.07.2017!

Chi vuole fare questo viaggio insieme a noi è il ben accetto, salga a bordo e si parte!

Buona estate a tutti.

Con l’occhio fisso alle stelle misuro le distanze
tra gli uomini e i loro sogni
e quando l’alba desta la speranza
capisco che il volare non è questione di ali ma di impegno
(Da Lettere dal Silenzio)
 
 
Mario Alberto Catarozzo

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Benessere e coaching: 5 buone abitudini per un risveglio sano. Parola di coach!

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Il risveglio è un momento delicato per il corpo e per la mente. Siamo stati 7-8 ore sdraiati a letto senza bere e respirando “corti”. Pertanto le prime due cose di cui ha bisogno il nostro organismo sono acqua e ossigeno.

Due abitudini da ricordare

Appena alzati due fondamentali abitudini devono essere idratarsi bevendo acqua a temperatura ambiente, magari con aggiunta di mezzo limone spremuto fresco e respirare a fondo (c.d. respirazione addominale). Per fare ciò, vi consiglio di prepararvi già la sera prima una bella bottiglia di acqua con un bicchiere e vicino il vostro limone da spremere. Le buone abitudini si acquisiscono meglio se ciò che ci serve è a portata di mano e in buona vista, così eviteremo di dimenticarci e…di farci prendere dalla pigrizia.

Per quanto riguarda il respiro, invece, prendete l’abitudine di mettervi davanti alla finestra, meglio se aperta (anche d’inverno) per fare entrare aria fresca e di fare 3-5 cicli di respirazione. Immaginate di avere due cannucce che entrano nei setti nasali e arrivano fino in fondo alla vostra pancia all’altezza dell’ombelico. Inspirate con il naso riempiendo prima la pancia (buttate in fuori l’ombelico) e poi salite riempiendo i polmoni. Trattenete a questo punto il respiro per 3-5 secondi, come se foste in apnea sott’acqua, e poi espirate lentamente con la bocca controllando il flusso di aria che esce. Espirate tutta l’aria dei polmoni fino in fondo e poi ricominciate l’esercizio che deve durare circa 1-2 minuti.

La piramide alimentare

Per quanto riguarda l’alimentazione, ricordiamoci che noi siamo ciò che mangiamo. Il cibo dialoga letteralmente con il nostro organismo e con il sistema immunitario che ogni mattina fa un check della situazione e riparte a pieno regime. Fondamentale quindi è ciò che ingeriamo nella prima ora dal risveglio, dove diamo al nostro organismo un messaggio circa la quantità di cibo che avremo a disposizione durante la giornata e la qualità. Un’ottima abitudine è dunque fare una colazione ricca ma ben bilanciata, per poi mangiare moderatamente a mezzogiorno e poco la sera. È questa la regola dell’alimentazione “a triangolo”, tanto-medio-poco.

Cosa mangiamo e l’ordine con cui lo facciamo è importante

Come primo alimento al mattino è consigliabile partire da frutta fresca colorata di stagione, tipo kiwi, ciliegie, frutti rossi, arance. Meglio se mangiate a morsi, invece che spremute o frullate: l’assorbimento degli zuccheri sarà più lento insieme alle fibre. Ottima abitudine è poi introdurre proteine sane e grassi sani come quelli dei semi: noci, nocciole, mandorle, semi di chia, semi di lino, semi di girasole, semi di zucca. Evitare il latte è un’ottima idea e sostituirlo con latte di mandorla, di riso, di soya è decisamente meglio. Insieme possiamo mettere fiocchi integrali di mais, muesli, e simili. Meglio se tutto biologico e integrale. Dopo un bel caffè ci sta bene, come un centrifugato o un frullato. Ovviamente niente sigarette, niente brioche, né vegane né integrali al miele, tutte stupidaggini.

Ultimo passaggio, ma non per ultimo, è un po’ di esercizio fisico dolce per risvegliare i muscoli fermi tutta la notte. Stretching quindi. Piegamenti sulle gambe, allungamento delle braccia, torsioni del busto, saluto al sole stile yoga e si parte nuovi nuovi.

La costanza premia

Ricordate, come ci insegna il coaching, che per acquisire nuove abitudini non dobbiamo focalizzarci su ciò che non va o non ci piace, ma su ciò che vogliamo di nuovo. Ricordate inoltre che non basta fare una volta, ma bisogna continuare a fare, affinchè un nuovo comportamento o modo di pensare diventi quello abituale. Una vecchia abitudine disfunzionale si supera allenando la nuova abitudine più funzionale.

In 3-4 settimane di allenamento costante vedrete che non potrete più farne a meno e questo modo di risvegliarsi prendendosi cura del proprio corpo e della propria mente diventerà una nuova sana abitudine.

A proposito….non abbiamo parlato di come allenare la mente al risveglio. Beh, lo faremo nella prossima puntata.

A presto!

Mario Alberto Catarozzo

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Poca autostima? Niente paura, le soluzioni ci sono

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Cominciamo con il ringraziare mamma e papà. Già, sono stati loro i nostri primi coach. Sono stati loro nella maggior parte dei casi ad aver coltivato in noi e alimentato la “cultura dell’errore” e il senso di colpa: “perché non hai fatto…”, “mi aspettavo che…”, “guarda tuo fratello…”, “non mi dire che…”, “hai fatto solo il tuo dovere…”. Potremmo continuare a lungo nel novero delle simpatiche frasi che hanno nutrito i nostri primi anni di infanzia e di gioventù, quando l’autostima crea le proprie fondamenta. In quegli anni siamo chiamati a rispondere alla non facile domanda “chi sono” e “quanto valgo”. Hai detto poco???

Cerco di essere come tu mi vuoi

Se siamo stati allenati a pensare sempre a ciò che gli altri si aspettano da noi (aspettative), saremo portati a cercare di non deludere il resto del mondo. Stiamo giocando una partita in cui si può solo perdere, solo non riuscire ad essere come gli altri (spesso non meglio definiti) si aspettano. L’ansia da performance, la paura di sbagliare e di essere sbagliati è sempre lì a fare capolino. Non solo. Se cerchiamo di essere come gli altri vorrebbero, siamo destinati a fare una fatica enorme per avere briciole di risultati e sentirci sempre “precari”.

Guarda l’altro per capire chi sei

L’altra criptonite per Superman nella nostra infanzia è stata la frase “guarda tuo fratello/sorella…”, “guarda la tua amica…”, oppure “io alla tua età facevo…”. Ah, grazie ancora mamma e papà: ora mi sento molto meglio a sapere che sono meno di qualcun altro…

Certo, qualcuno potrebbe dire che questa è stata una tattica per farci reagire, per colpire l’amor proprio in noi e provocare una reazione. Mah, può darsi. Ciò che è certo è che ci ha ferito, che ha lasciato tracce perchè in quel momento della nostra giovane età il messaggio che ci è arrivato è stato “tu non vai bene così…diventa come…l’altro sì che è ok”. Di nuovo l’autostima ringrazia per la delicatezza con cui si è stati trattati.

Continuiamo a trattarci così

Consideriamo che quanto appreso negli anni giovanili tenderemo in linea di massima a ripeterlo da adulti, infliggendo a noi stessi proprio quelle cose che abbiamo odiato subire. L’analisi transazionale spiega bene questi meccanismi del recitare un “copione” per il resto della propria vita nelle relazioni affettive e lavorative. Insomma, se un tempo erano mamma e papà a dirci cose che ci facevano soffrire e ci complicavano la vita…ora lo faccio noi stessi con le nostre mani.

Uscire si può: riprendiamo in mano la nostra autostima

È possibile da adulti superare certe dinamiche? È possibile cambiare il proprio modo di vedere noi stessi? Possiamo coltivare la nostra autostima e donarci maggior benessere? Certo che sì. Ciascuno ha una propria indole e una propria storia personale, per cui i percorsi vanno personalizzati con tempi e modi utili per ciascuno. Detto ciò, conoscere come funzionano in noi certi meccanismi e avere gli strumenti per trasformare un certo modo di pensare che ci rende “minus” con un modo potenziante che alimenta la propria autostima si può e ce lo dobbiamo!

Cercare di essere felici è la prima responsabilità che abbiamo verso noi stessi.

Nel seminario residenziale che si tiene a dicembre a Gressoney, lavoreremo il sabato mattina proprio su questo, sulla nostra autostima per imparare a conoscerla, a capirne i meccanismi e ad alimentarla in modo sano e funzionale al nostro benessere.

Il prossimo appuntamento a Gressoney è il weekend dall’ 1 al 3 dicembre 2017.
Scopri il programma delle 3 giornate e la location sul sito www.puntosudime.it.

Mario Alberto Catarozzo

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